A Rimini (ancora), sul cardo

Il 30 marzo scorso, la Segreteria di città di Rimini della SLP ha organizzato presso la Cineteca Comunale, un Incontro aperto alla città intitolato Amleto, un eroe moderno, coordinato dall’allora delegata cittadina ai cartelli, con interventi di quattro cartellizzanti […] È stata un’occasione per ritornare sulla domanda “cos’è un cartello?”, domanda che non ha una risposta – allo stesso modo che la domanda su cosa sia uno psicoanalista.

J.-A. Miller – Cinque variazioni sul tema sul tema della “elaborazione provocata”

L’espressione “elaborazione provocata”, forgiata da Pierre Thèves a partire da un testo di Lacan indicante quello che spetta al più-uno del cartello, fa centro ed è con molto piacere che ho accettato, su suo invito, di cimentarmi questa sera in alcune variazioni su questa formula. Ne proporrò cinque. Del cartello non esporrò il concetto, ma dirò l’uso che io ne faccio. Di punto in bianco: il cartello mi ha interessato per scopi di sapere. Ammetto volentieri altri usi. Questo è il mio.

Attraversato dalla lingua dell’Altro: il Cartel

Nel suo testo di apertura dei lavori Ilde Kantzas ricorda l’importanza che il cartello resista in questo momento di sfilacciamento delle reti sociali. Reti sociali. Ormai è sinonimo dei social e degli algoritmi che dominano le interazioni tra profili. Non si tratta di scambi, ma del risultato di un algoritmo che ti fa vedere solo quello che hai già visto. Un algoritmo davvero potente. Al punto che mi ha suscitato una certa inquietante estraneità quando, ascoltando della musica su YouTube, questo algoritmo ha saputo riprodurre con esattezza una serie di canzoni che amo particolarmente.

Non c’erano beatitudini…

Ho avuto la fortuna di poter partecipare alla preparazione di Scilicet 2022 attraverso un cartello.
È stata per me davvero un’esperienza importante, da cui nel tempo ho tratto chiarezza. Il fatto di
parlare lingue diverse ha fatto si che quel che passava, passava attraverso l’enunciazione.

Serata dei Cartelli ECF

Lacan fonda la sua Scuola il 21 giugno 1964. Con quest’atto rispondeva alla sua esclusione dall’Associazione Psicoanalitica Internazionale, pronunciata l’anno precedente. L’orientamento del suo insegnamento, incentrato su un ritorno a Freud, si era iscritto a rovescio rispetto allo spirito dell’istituzione psicoanalitica internazionale, luogo in cui, nel corso del tempo, i concetti elaborati da Freud sono stati sostituiti da norme e precetti vuoti, che andavano contro lo spirito freudiano.

I cartelli della scuola di Lacan

Il rischio è grande, quando si vuole parlare dei cartelli, di dare l’impressione che si giri una specie di manovella istituzionale, qualcosa che parteciperebbe della routine della Scuola. Attraverso gli interventi di questa mattina, mostrate a che punto essi sono al cuore del dispositivo istituzionale che Lacan ha chiamato Scuola, di cui non ha mai smesso di precisare l’importanza e di fornire la logica

D’Écolage

Eccomi l’uomo pieno di lettere.
Il mio compagno Drieu, invece, era o si credeva, l’uomo pieno di donne, al punto da farne il titolo di uno dei suoi romanzi.2
Titolo con cui mi denominarono i miei colleghi della sala medici – mentre ne avevo solo due (donne) come tutti, a occuparsi di me, e discretamente, vi chiedo di crederlo.
Queste lettere, le ho prese sul serio. Voglio dire: le ho prese una per una, come si fa con le donne, e ho fatto la mia lista.

B – cartel

Nell’Atto di fondazione, Jacques Lacan designa il cartello come pilastro del lavoro di Scuola: si lavora in piccolo gruppo, da tre a massimo cinque componenti. Il cartello mette a lavoro a partire dal desiderio dei tre/cinque che si scelgono. Non c’è rapporto piramidale tra i componenti: sono pari. Il sapere che si lavora e si produce non è un sapere dato, pieno, ma è qualcosa da articolare con la propria carne, il proprio desiderio, il proprio rapporto con il sapere (inconscio). Il cartello richiede fatica, l’esplorazione di sentieri non ancora battuti, un tempo lento e un saperci fare con il non tutto. Il lavoro di cartello necessita di un tempo libero e della possibilità di accogliere l’incertezza, l’interrogazione. Il cartello chiede uno sguardo inedito sul sapere.  

Riflessioni sul cartel

Sono passati cinquant’anni da quando Lacan scrisse il discorso del capitalista, un discorso che a differenza degli altri quattro non ha punti di arresto, che gira all’infinito come se fosse su “delle rotelle”1. Questo circuito gira sempre più veloce, fagocitandoci. Essendo la Scuola all’interno di questo tempo, in qualche misura ne è stata presa, generando la possibilità di partecipare ad un elevato numero di eventi ed attività da remoto, attraverso l’online. Un po’ un mercato, in cui forse l’offerta supera la domanda. Torniamo al cartello. Quanta domanda di cartello esiste nella Scuola?

Il sapere del quattro-più-uno e la deriva dei nostri tempi

Da tempo ci interroghiamo sullo stato dei Cartelli nella nostra Scuola, sia per quanto riguarda la creazione dei nuovi, sia sulla produzione degli elaborati derivati da essi. I numeri sono in calo e le ragioni, da cercare una per una, possono essere in parte ricondotte a una mancanza di tempo da dedicare a questo tipo di dispositivo e al tipo di rapporto col sapere che lo stesso propone.

Per quale motivo il cartello non viene percepito come attraente?