Stefano Tacca
Iniziare a scrivere qualcosa del mio tema di lavoro nel Cartello su TRANSFERT DI LAVORO/TRANSFERT DI SCUOLA, intitolato La Scuola soggetto, non può che partire dal tentativo di far uscire l’atto dello scrivere dal discorso del padrone, sottraendolo alla volontà e all’obiettivo della prestazione. Mi sembra in questo scritto di esserci riuscito: il mio passaggio in atto è leggere e scrivere di psicoanalisi, annodando il sapere esposto al sapere supposto. Il transfert analizzante/Scuola ha a che fare con il desiderio dell’analista. Ma che relazione c’è tra il desiderio dell’analista e la Scuola? Leggendo la “Proposta del 9 ottobre”(1) sembra che Lacan abbia fondato la Scuola anche per questo: sostenere lo psicoanalista nel suo “desiderio di separare il soggetto dai significanti-padrone che lo collettivizzano, di isolare la sua differenza assoluta, di delineare la solitudine soggettiva e anche l’oggetto più-di-godere” che si sostiene su questo vuoto e, al tempo stesso, lo colma” (2) . L’intenzione di commentare parti dei testi a partire dalla mia interrogazione induce a precisare meglio quale sia effettivamente questa mia interrogazione. La formulo come una domanda che potrei immaginare di ricevere dalla mia analista. Infatti non è “insignificante”(3) che per la mia terza analisi abbia scelto una donna. Qual è il posto della Scuola nel tuo singolare “passaggio da psicoanalizzante a psicoanalista”(4) , e perché questo titolo del tuo tema? L’interrogazione riguarda la natura del mio legame con la Scuola, legame a cui alludono – in modi diversi – anche il titolo della Giornata QS e quello del nostro Cartello che ad essa ci prepara. Infine – verrebbe da dire ovviamente – i testi che abbiamo scelto riguardano anche, ma soprattutto, questo. E allora ecco il primo pezzo di testo che desidero commentare. L’amore per la Scuola è “un lavoro di invenzione imposto dalla necessità sintomatica” che “vale sia nei confronti di una donna che verso una Scuola. Il non-cessa necessariamente implica, come in amore, un transfert mobile, mai acquisito, rinnovato, vale a dire sempre in lutto verso se stesso. […] È un modo di dire che non si ama la Scuola una volta per tutte”(5) .
Adesso però la questione è: come faccio a commentare su un piano teorico, senza parlare di me in modo diretto? Allora forse non è utile che mi sia posto la domanda come se fosse una domanda dell’analista. O forse invece no. Perché in un certo senso è questo che fanno gli AE nelle loro testimonianze: illuminare ogni volta, e per tre anni, un pezzo diverso del loro passaggio da psicoanalizzante a psicoanalista. Ma non è quello che si chiede a me: “questa non è una passe, che diamine!”, dice l’Altro. O forse invece sì. Perché è una descrizione del mio passaggio mentre sta avvenendo. Riprenderò pertanto a scrivere (quasi) come se
fossi in seduta, e vediamo cosa ne esce, perché parla, anzi, scrive, ed è l’unico modo di saperne qualcosa. Che cos’è la psicoanalisi applicata alla clinica se non un dispositivo che permette a questa mancanza originaria – che possiamo scrivere anche S(Ⱥ) – di manifestarsi perché l’analizzante ne faccia il cavallo di Troia della sua libertà? Infatti è proprio questo vuoto originario che rende possibile l’invenzione. Attraversare il fantasma, e l’angoscia connessa, è l’unico modo per arrivarci. Ma bisogna arrivarci ogni volta, in ogni contingenza diversamente, a inventare l’amore per la Scuola. Esattamente come cerchiamo di fare con il/la nostro/a partner in amore, con un nuovo paziente, con un vecchio paziente. Con il quale stiamo facendo una psicanalisi soltanto inventandoci ogni volta un nuovo modo di ascoltare il suo discorso; in altri termini cercando ogni volta il posto di S(Ⱥ) per poter ascoltare lui, e non noi stessi. “Fino a quando vi assillate con quel che vi riguarda nel discorso dello psicoanalizzante, non ci siete ancora”(6) . Monribot afferma: “Il cuore della Scuola è il vuoto di S(Ⱥ). Questa prossimità al non-tutto è il suo punto di affinità essenziale con la posizione femminile” (7) . Il vuoto come modo di godere al femminile è l’oggetto
della seconda parte del testo di Brousse(8) . Lavorando il concetto di godimento dell’Altro barrato, M.H. Brousse arriva a definirlo come un “godimento situato nella barra sull’Altro” (9) . Questo “diventare la barra” (10) ha a che fare con la posizione dell’analista, colui che mette in gioco il suo desiderio per fare posto al soggetto dell’inconscio dell’analizzante. Assumendo la posizione del significante che manca nell’Altro l’analista si barra come Altro, e quindi perde la posizione di sapere supposto, anche per se stesso, rinnovando la perdita (-phi) che ha lavorato nel suo passaggio da psicoanalizzante a psicoanalista, e si rivela a livello del soggetto analizzante – quindi del suo inconscio – come simile a lui nell’essenza: mancante del fallo, per potersene servire (11) . Mi pare questo il senso dell’affermazione di Lacan nella “Proposta”: “Il desiderio dello psicoanalista è la sua enunciazione, la quale può operarsi soltanto a condizione che esso intervenga nella posizione della x: di quella stessa x la cui soluzione consegna allo psicoanalizzante il suo essere e il cui valore si annota (-phi), la falla beante indicata come la funzione del fallo da isolare nel complesso di castrazione”(12).
Ed ecco anche perché la Scuola è un luogo di libertà. “Nel quadro della Scuola, queste solitudini sono trattate ognuna come delle eccezioni ed esse non sono sindacalizzabili”(13). Se il fine di un’analisi è arrivare a S(Ⱥ) e mancare del fallo (-phi) per potercene servire nel seguire il desiderio inconscio, questo vuol dire essere liberi di re-inventarci, e quindi di manifestare la nostra singolarità. E dove possiamo fare questo, oltre che in analisi, occupando il nostro posto vicino agli altri uni-tutti-soli?
1 J. Lacan, Proposta del 9 ottobre 1967 sullo psicoanalista della Scuola, in J. Lacan, Altri scritti, Piccola Biblioteca Einaudi,
2013
2 J.-A. Miller (2000), Teoria di Torino sul soggetto della Scuola, in “Appunti” n. 78
3 P. Monribot (2001), Un’erotica della Scuola, in “La Psicoanalisi”, n. 29, p. 110
4 J. Lacan, Ibidem, p. 249
5 P. Monribot, Ibidem, pp. 113-114
6 J. Lacan, Ibidem, p. 249
7 P. Monribot, Ibidem, p. 110
8 M.-H. Brousse (2021), Modo di godere al femminile, Rosenberg & Sellier
9 Idem, p. 71
10 Idem, p. 74
11 Cfr. J. Lacan, Il Seminario. Libro VI, Einaudi, 2016, pp. 327 – 331,
e anche J. Lacan (1962), Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano, in J. Lacan, Scritti,
Biblioteca Einaudi, 2002
12 J. Lacan, Proposta del 9 ottobre 1967 sullo psicoanalista della Scuola, in J. Lacan, Altri scritti, Piccola Biblioteca Einaudi,
2013, p. 249
13 J.-A. Miller, Ibidem