Cartelli della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi del Campo Freudiano
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Il più-uno: un’incarnazione dell’impossibile da collettivizzare

Pubblicato il 5 Giugno 2020

Patricia Tassara 1 2

La partecipazione a un cartello è un modo particolare per introdursi o per studiare la teoria analitica.  Un cartello non è un gruppo in cui i membri verrebbero istruiti da qualcuno che sa. Non è un gruppo con un leader che insegna agli altri cartellizzanti. Lacan ha inventato il cartello per andare contro le beatitudini dei didatti dell’IPA nel 1956. Come per il dispositivo della Passe, i cartelli sono un’invenzione anti-didattica, contro l’impostura. Il cartello non è un gruppo come quello della massa che segue un leader.

J.-A. Miller ha affermato che il più-uno è un leader “povero” o “modesto”, con un “Agalma non densa”. Non esiste una gerarchia in un cartello, esso ha un’organizzazione circolare.3 Il cartello non è un posto per la supervisione dei casi con il più-uno o altri membri del cartello. Né è un luogo dove un cartellizzante riceverà un’interpretazione della sua soggettività. Il più-uno non è presente come analista dei cartellizzanti.

Il più-uno riporta i cartellizzanti al discorso dell’isteria.4 In altre parole, essi saranno divisi nel cartello attraverso le loro domande, saranno messi al lavoro. Il più-uno sostiene così il buco nel sapere (sconfinando l’orrore del sapere su di sé), per rilanciare il desiderio di sapere nei cartellizzanti.

Lacan ha creato il cartello come organo di base della Scuola. Non ha detto che il lavoro di elaborazione di una Scuola avvenga attraverso seminari o conferenze. Ha detto che il lavoro di una Scuola procede attraverso i cartelli. Dobbiamo capire l’importanza di questa affermazione, al fine di sapere come fare con una Scuola che ha un buco permanente in essa. Quel buco riguarda la domanda su cosa sia un analista. Questo è il reale inerente a una Scuola.

Il più-uno è una funzione per incoraggiare il lavoro, ma che lascia vuoto il buco inerente ogni cartello, facendo sì che ogni partecipante possa renderlo un “buco produttivo”, attraverso le proprie letture, domande, scritti, conoscenze acquisite e conversazioni. Non c’è nessuna garanzia – così come non esiste alcuna garanzia nella vita – che un cartello non si trasformi in un gruppo. Per questo motivo un cartello deve essere considerato un luogo in cui potersi distaccare da una parte del nostro godimento – come il godimento nevrotico di sconnessione, segregazione o alienazione ad un Ideale – a favore di un legame collettivo.5

Il cartello è un luogo in cui ogni partecipante incontrerà il reale, entrando nel cartello – consciamente o inconsciamente – con il suo sintomo. Quindi, in un cartello mettiamo il nostro sintomo al lavoro. A volte, il godimento del nostro sintomo ci mette in difficoltà: non troviamo mai il tempo di leggere, non possiamo scrivere ciò che è richiesto… Il reale, è ciò che ritorna sempre nello stesso posto dice Lacan. Pertanto, non possiamo liberarcene. Il reale non è la realtà.

Non lo si può dire con i significanti né può essere immaginato. Esso (il reale) però incontra sempre il soggetto e produce degli effetti. Il soggetto risponde a quell’incontro con il sintomo e il fantasma.

Quando entriamo in un cartello, a volte immaginiamo che troveremo un linguaggio comune e comprensione tra i partecipanti. Lacan ha detto: “È certo che gli esseri umani si identificano con un gruppo. Quando non lo fanno, sono fregati, bisogna rinchiuderli. Non sto dicendo però con quale punto del gruppo devono identificarsi”.6

Un’analisi è un trattamento delle nostre identificazioni, per ridurle, per isolare almeno i principali significanti padroni che comandavano i nostri atti e il nostro destino.

Il desiderio dell’analista comporta una caduta, una rottura, della catena di identificazioni, soprattutto di quelle falliche. Implica un tipo di sostituzione con un’altra identificazione legata al discorso psicoanalitico.

Il più-uno è una funzione che non fa comunità, unità comune, neanche mutuo riconoscimento. Il punto importante qui è che la funzione del più-uno confronta ciascun cartellizzante con la sua solitudine, la quale è messa al lavoro nel transfert di lavoro collegato alla Scuola. Con questo orientamento, qualcosa di nuovo è possibile! Il prodotto finale viene quindi prodotto.

Questa solitudine è il punto più particolare e strano per ogni soggetto. È quindi impossibile da identificare o da copiare. È ciò che è più strano per il soggetto stesso. E in questa maniera, il più-uno è un’incarnazione del punto più strano di ogni cartellizzante, quindi, un punto impossibile da collettivizzare. È la stessa logica di quella di una Scuola di psicoanalisi definita come congiunzione o insieme di solitudini. I cartelli non sono esenti da crisi, ma non bisogna farsi prendere dal panico. A volte, serve un tempo necessario per affrontare ciò che è resistente, come in analisi. Ci vuole del tempo per raggiungere ciò che nella psicoanalisi viene chiamato il ben-dire. Ci vuole tempo, per lasciarci incontrare dal reale ed essere orientato da esso, invece di difendersi da esso. Ci vuole tempo in analisi e anche in un cartello, perché arrivi il momento in cui possiamo dire: “è questo!” ma ne vale la pena!

Traduzione: Silvia Cimarelli

Note
↲1 Membro e AE della ELP
↲2 Presentato al Cartel study day of the London Society, tenuto in Ottobre 2018
↲3 J.-A. Miller, Il cartello nel mondo, disponibile su: https://cartello.slp-cf.it/cartelli/testi-fondamentali/il-cartello-nel-mondo/
↲4 J.-A. Miller, Cinque variazioni sul tema dell’“Elaborazione provocata”, disponibile su: https://cartello.slp-cf.it/newsletter/newsletter-1/cinque-variazioni-sul-tema-della-elaborazione-provocata/
↲5 É. Laurent, El pase y los restos de identificación, Rivista Letras N`6., La passe et les restes d’identification, in Revue de La Cause Freudienne, N. 76, pp. 44-49
↲6 J. Lacan, Seminario RSI, lezione del 15 Aprile 1975, inedito.

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