Alide Tassinari
Il lavoro del cartello è alla base della nostra Scuola, il dispositivo inventato da Lacan nell’atto di fondazione1 è conosciuto: Quattro (tre o cinque) persone si mettono insieme all’insegna di un argomento, PIU’ UNA che ha una funzione. Dopo la costituzione ognuno sceglie di lavorare su di un tema ritagliato da quello che assegna il nome al Cartello. Se le due scelte iniziali sono abbastanza esplicite, scegliere il tema da trattare soggettivamente non è quasi mai semplice. Mi sono chiesta Come si giunge a scegliere l’argomento soggettivo? Come circoscrivere il tema “soggettivo” che diventa programma di lavoro e cosa orienta “soggettivamente” la messa al lavoro in un Cartello? È un effetto del transfert di lavoro? Queste domande mi si sono presentate quando ultimamente, dopo alcuni anni di sospensione, ho detto sì alla funzione di Più-Uno al cartello su “Il sogno e la sua interpretazione” costituitosi in marzo, solo qualche giorno prima della limitazione del movimento dei nostri corpi che ha comportato il non potersi incontrare in presenza. Per me questo, è il primo cartello on-line. Può sembrare incongruo pormi queste domande ora, quando alle mie spalle ci sono anni di lavoro come cartellizzante; ricordo il primo cartello al quale ho partecipato; c’era il Gisep, (Gruppo Italiano Scuola Europea di Psicoanalisi), a quel tempo la costituzione della SLP era lontana. Quel mio primo cartello aveva come tema il Godimento, e come neofita ero stata dolcemente indirizzata a trattare del godimento femminile. Dal godimento all’interpretazione del Sogno, questo sembra essere stato il mio percorso da cartellizzante (lo si è sempre anche quando si occupa la funzione del Più Uno). Un percorso all’incontrario: dal reale al simbolico passando per l’immaginario. Nel frattempo insieme agli anni si è srotolato tutto il tragitto della mia analisi. Il Sogno è freudiano, al contrario, il godimento è essenzialmente lacaniano, non senza per questo, essere anche freudiano; l’uno è interpretabile e su questo assioma Freud fonda la psicoanalisi, l’altro non lo è. Entrambi, il sogno e il godimento, sono articolati al singolare: l’interpretazione non è generalizzabile e riguarda quel sogno raccontato all’analista; il godimento, è sempre singolare ed è articolato diversamente nel proprio sintomo, nel discorso e nel sogno stesso.
Freud giunge alla quasi certezza che il sogno sia legato strettamente alla necessità dell’interpretazione – in quanto espressione di un desiderio inconscio e come protezione del sonno del dormiente – ma si ferma là dove incontra una difficoltà: «Anche nei sogni meglio interpretati è spesso necessario lasciare un punto oscuro, perché nel corso dell’interpretazione si nota che in quel punto ha inizio un groviglio di pensieri onirici che non si lascia sbrogliare, ma che non ha nemmeno fornito altri contributi al contenuto del sogno. Questo è allora l’ombelico del sogno, il punto in cui esso affonda nell’ignoto»2. Nella citazione accanto alla parola ignoto (quanto è freudiana questa parola!) c’è una nota che rimanda a quella del capitolo secondo della Traumdeutung dove Freud descrive il metodo di interpretazione da lui seguito per l’analisi del Sogno dell’iniezione a Irma, portato a modello. La nota3 è riferita alle associazioni di Freud: «Sento che l’interpretazione di questo punto non si è spinta fino a raggiungere ogni significato celato. Se volessi continuare il paragone fra le tre donne, mi allontanerei di molto. Ogni sogno ha perlomeno un punto di insondabilità, quasi un ombelico attraverso il quale è congiunto all’ignoto […]».
Il mio argomento da cartellizzante è quell’ombelico, cicatrice annodata che si ritrova nel sogno come ininterpretabile, un aldilà che Lacan ha affrontato decisamente nel suo ultimo insegnamento, dove il sogno non protegge più il sogno ma risveglia il dormiente che dorme tutto il tempo.
Note