Carlo Viganò 1
- con questo titolo il 28 ottobre 1994 Jacques-Alain Miller lancia la sua provocazione; come già il titolo evoca essa riguarda la Scuola.
Si fa riferimento (référence) al lavoro in cartello? Sembra di no.
- Considerazione politica (nel senso sociologico del termine, a cui occorrerà articolare quello di una politica della psicoanalisi, di un legame originato dal discorso senza parole): nel gruppo c’è domanda di carisma, essa si esprime nell’insegnamento, che è la mediazione orale per avere accesso allo scritto. Questa mediazione degenera e diventa un assoluto, cioè è essa stessa una funzione guida immaginaria.
Tutto ciò depotenzia il cartello, dove il carisma arriva al massimo ad una forza quattro.
- Il cartello è contemporaneo alla creazione della scuola, il che fa porre l’ipotesi che esso sia congruente con il concetto di Scuola.
- Lo è – seconda provocazione – per motivi socio-storici? Per il fatto cioè che la Scuola nasce all’interno di un movimento anti-autoritario?
Una prima risposta sarebbe che esso risponde ad un dato della teoria dei gruppi, che cioè non serve a niente negare il fatto del leader. Si può solo ridurlo, invece che gonfiarlo.
- Atto di fondazione: “Per eseguire il lavoro, noi adotteremo il principio di un’elaborazione sostenuta in un piccolo gruppo”.
Dunque si tratta de il mezzo per eseguire il lavoro. Quale lavoro?
Quello “che, nel campo aperto da Freud, restauri il vomere tagliente della sua verità – che riconduca alla prassi originale da lui istituita […] al dovere che le deriva nel nostro mondo – che, attraverso una critica assidua, vi denunci le deviazioni e i compromessi […]”.
- Di questa organizzazione Lacan suggerisce un piano: tre sezioni che raggruppino i cartelli.
- Che cosa ha compromesso la verità della psicoanalisi e deviato la sua pratica? Il didatta e la sua cricca.
Non si tratta di capovolgere la gerarchia (il didatta è infatti una “beatitudine”), ma di mettere in moto un’organizzazione circolante (Jacques-Alain Miller dice circolare e nota come ciò abbia una portata di egualitarismo livellante).
Esso non è stato realizzato e si è continuato a puntare su seminari, conferenze e congressi, cioè su ciò che dovrebbe essere fatto fuori della Scuola.
- Si deve riproporre una Scuola a parte. Io aggiungo che non basta separare l’insegnamento dalla scuola, perché ci sia Scuola occorre un atto.
Che cosa nel cartello fa sì che ci sia atto? Esso ha rapporto con il reale della formazione?
- Un’ipotesi sulla degenerazione del cartello e della perdita della funzione del più- uno: il cartello è diventato funzionale all’apprendimento non è più un organo di critica e di controllo delle produzioni. Per questo ha perso rilievo la persona in più “incaricata della selezione, della discussione e dell’esito da riservare al lavoro di ciascuno”.
Oggi questi compiti sono delegati a dei comitati, dove è sempre più difficile far riconoscere il proprio lavoro. Il lavoro, che deve rimanere un’impresa privata, non va svolto dal piccolo gruppo, ma nel gruppo che lo sottomette alle “condizioni di critica e di controllo”.
Faccio notare che questa prospettiva connota il cartello con una prospettiva di politica della psicoanalisi, che invece ora è affidata (?) agli organismi di gestione2.
Note