Omar Battisti
Il titolo che mi sono dato per questo lavoro di cartello, che lega prassi e riflessione teorica in modo inscindibile, è stato già una sorpresa per me. Infedele all’origine, essendo la fedeltà un tratto che mi tocca.
Prassi e teoria: editare un testo è una cosa, rieditarlo è un’altra. Qualcosa cambia, nel passaggio. Semplicemente, ad esempio una citazione di una frase non sarà più alla stessa pagina. Lacan a proposito di Joyce e del suo Finnegans Wake osserva che non essendoci state riedizioni del testo, le pagine sono sempre le stesse e aggiunge per fortuna, dato che altrimenti non ci si sarebbe potuti raccapezzare in nessun modo. Cambiano quindi i riferimenti del testo.
Nel lavoro che ha portato 118 numeri (+3 “rubati” alla Edgar Allan Poe) della rivista che ha accompagnato la creazione, la nascita e il proseguo della SLP, Appunti, dalla carta ad un altro schermo, l’importanza di questi riferimenti è stata per me evidente, insieme ai tre tipi di revisione del testo che sono state necessarie. (Oserei parlare qui di controllo del testo, spostandosi dalla dimensione dello sguardo, ma non so…).
C’è una lettura implicata nella revisione letterale, nel controllo alla lettera, che è ostacolata dal senso in quanto impedisce di cogliere la lettera di ciò che è scritto; in base al senso si legge quello che ci si aspetta di trovare scritto.
Una lettura del senso è tuttavia necessaria per cogliere la continuità del testo, senza questa lettura non è possibile accorgersi di salti, mancanze, sconnessioni e altri inciampi presenti nel testo.
E c’è una cura del corpo del testo, nel senso materiale di come si presenta graficamente sulla pagina, che fa emergere la cornice del testo. Pur apparendo accessoria, il corpo del testo, la sua cornice, di fatto toccano la leggibilità stessa di quello che è scritto. Agendo su di esse si cambiano quelle caratteristiche che rendono un testo più o meno gradevole, ostico, semplice, invitante, ecc…, da leggere. Si tratta qui dello stile usato, che non ha criteri oggettivi ma rimanda al gusto di chi legge. Piccolo inciso: Joyce, Cork, la cornice e Lacan nel Seminario XXIII: “in quel che scrive passa sempre per il rapporto con la cornice”1.
Cosa c’entra questo con l’inedito? Editare un testo implica fissarne una sua versione, renderla duratura nel tempo, eterna (sempre nel Seminario XXIII Lacan parla di sbarazzarsi dell’idea di eternità). Si parla di versioni del testo, ad esempio per il greco antico e Miller sottolinea a più riprese che per i Seminari di Lacan si tratta di un “testo stabilito”. Questo, a mio avviso, rimarca qualcosa che non ha origine e non può essere fissato in alcun modo.
Inedito può essere un sinonimo di nuovo. Tuttavia, così viene cancellato un aspetto fondamentale di ciò che è in gioco: l’impossi-bilità di fissare qualcosa che è preso nel testo, lo attraversa, ma non può avere nessun rimando a dei riferimenti stabili, durevoli e precisi ed eterni.
Questo rimando evoca, si potrebbe dire, il legame tra desiderio e fantasma. Quando questo legame è reciso, anche qui non avviene per sempre, in modo eterno, ma se è capitato una volta, cambia radicalmente il proprio rapporto al desiderio e alla sua causa facendo emergere l’impossibilità di fissare quel qualcosa che è preso nel testo ma in maniera da-non-leggere2, un inedito infedele all’origine: il posto dell’enunciazione.
“Che si dica resta dimenticato dietro ciò che si dice in ciò che s’intende”3.