Frank Rollier1
Il cartello è una modalità di gruppo inventata da Lacan quando ha fondato la sua Scuola nel 1964, tre anni prima di inventare la passe.
Qualche parola di storia: il dispositivo del cartello ha come suo modello i piccoli gruppi di soldati inadatti al combattimento durante la seconda Guerra Mondiale, messi in piedi da Bion e Rickman, psicoanalisti inglesi assegnati a un servizio psichiatrico militare. Invece di imporre un compito identico a tutti i soldati, essi hanno proposto ad ognuno di scegliere un’attività specifica, di cui dovevano render conto nel gruppo in presenza di uno dei due analisti. Lo scopo era quello di responsabilizzare ciascuno di loro, di produrre un soggetto diviso2 e di risvegliare il suo desiderio, affinché potesse poi prender parte alla guerra. I gruppi erano di 10 soldati, numero che Lacan non manterrà, proponendo che il cartello – che ha qualificato come “organo di base”3 della sua Scuola sia composto da “da un minimo di tre e da un massimo di cinque persone, quattro è la misura giusta, più una….”4. Ma perché il cartello comincia con 3 e non con 2? Perché il numero dei suoi membri non supera il numero di 5? Perché questo conteggio e questa limitazione? E perché questa più-una persona? Notiamo che questa questione del numero di iscrive in un lavoro di ricerca che Lacan ha condotto sulla logica e che lo ha portato, in particolare, ad esaminare la funzione dello zero e quella dell’Uno, che prende sempre più importanza alla fine del suo insegnamento.
Dobbiamo anzitutto sottolineare che il cartello, che ha come scopo una elaborazione di sapere, è un’alternativa a una ricerca di conoscenza condotta nell’isolamento. Ai giorni nostri, grazie ad Internet, il sapere è accessibile istantaneamente e potenzialmente infinito. Per quanto concerne lo studio della psicoanalisi, il cartello apre una porta che permette di uscire dal godimento solitario e senza limiti a cui il discorso capitalista spinge ferocemente. Il primo effetto del cartello è quindi quello di introdurre la dimensione della parola.
Perché non un cartello con due persone, ma “almeno tre”?
Due è la formula della coppia, di cui Lacan ha mostrato la dimensione immaginaria e potenzialmente mortifera, in particolare nel suo schema L, in cui l’io è in una relazione speculare con la propria immagine o con quella di un altro, il che ostacola l’avvento del soggetto. Tale relazione è la fonte di tutti i malintesi.5 É pure in questa relazione duale che si sviluppa lo stadio dello specchio, attraverso cui il bambino si riconosce in un’immagine che gli dà l’illusione di una unità.
A questo asse immaginario si oppone quello che Lacan ha chiamato il “muro del linguaggio”, che introduce il soggetto diviso e la sua determinazione significante,6 che chiama L’Altro.
Non limitando il gruppo a due, introducendo un terzo, si tratta già quindi di superare l’immaginario, il che non significa sopprimerlo. Con il numero 3, comincia il dispari che, rispetto al paio, alla relazione a due allo specchio, rappresenta la differenza, la singolarità. E, infatti, in un cartello, ogni membro sarà di fronte al sapere di ciascuno degli altri, alle sue domande e al suo ritmo che gli sono specifici.
Ma il tre è anzitutto quello che separa e che unisce due unità; la psicoanalisi ci insegna che non c’è 2 senza 3, che la separazione tra i due conta. Ed è tra due significanti, tra S1 e S2, che appare il soggetto diviso. Lacan, studiando il libro del Tao di Lao-Tzu, stabilisce con la sua guida, il poeta François Cheng, che il tre, nel Tao, non è altro che il Vuoto-mediano7. E osservano gli usi di questo Vuoto mediano all’interno di una persona, in una coppia, tra attore e spettatore, ecc.8 Ciò che conta tra due è quello che Lacan chiamerà “il non-rapporto sessuale come buco” che è “all’inizio di ogni nodo sociale”. Così può dire che “anche se siete solo tre, farà quattro”9. Vedremo l’uso che fa di questo conteggio per il cartello.
Questo ternario è già presente in Freud con le tre identificazioni, e si ritrova al cuore dell’insegnamento di Lacan che ha distinto 3 ordini – immaginario, simbolico e reale – e 3 tempi logici. Dirà che “la nostra tecnica si riferisce essenzialmente a qualcosa che è triplo”.10 Nel suo nodo borromeo, che realizza l’annodamento di questi tre ordini, affinché simbolico e immaginario stiano insieme, “è necessario introdurre un terzo elemento”,11 il reale.12 Poi, affinché i tre – R, S e I – stiano a loro volta insieme, ci vuole un quarto elemento che li annodi (Nome-del-padre, sintomo o sinthomo).
Al di là di 3 persone, quello che appare all’orizzonte, è la massa. Il libro del Tao, lo dice finemente: «Il Due generò il Tre, il Tre generò le diecimila creature”.13 Per Freud, la massa è caratterizzata dall’identificazione al capo, a un sostituto paterno nel posto dell’ideale.14 È un’identificazione verticale che può unire, per esempio, attorno all’odio, come in una massa bellicosa. Lacan evoca anche le comunità religiose che non danno limiti al numero di persone che possono rappresentare.15 Così, farà in modo che la collettività psicoanalitica non si fondi su questa logica. La strutturazione di un cartello permette che siano delle identificazioni orizzontali che operano, delle identificazioni reciproche che danno vitalità al gruppo,16 cosa che Lacan aveva ben individuato nei piccoli gruppi di soldati inglesi.17 In un cartello, non c’è anonimato, ognuno è presente uno per uno, portando il proprio nome e avendo il proprio tema di lavoro personale. Perché a ognuno il proprio tema di lavoro? Perché il sapere (sull’inconscio) non si impara e sta a ciascuno sapere quale sia la propria questione.
Si tratta di “mischiare dei soggetti, analisti o meno, analisti confermati o in formazione, attorno a un tema di lavoro incentrato sulla psicoanalisi”18, che darà il titolo al cartello. Lacan dirà che quello che si augura, “è l’identificazione al gruppo” e ancor più l’identificazione al desiderio dell’Altro, alla maniera dell’isterica.19
Perché questo più-uno, che si aggiunge al minimo di 3 persone?
L’espressione più-uno, dice Lacan, viene dal fatto che “anche se siete solo tre, farà quattro”; il più-uno fa esistere questa formula. La sua presenza ha il valore di una “nominazione” che “fa buco”20 nel gruppo. Ha un posto estimo, vale a dire al contempo fuori sistema e dentro.21 Inoltre, la sua funzione deve permutare; non ci sono classi dei più-uni, questo per evitare di identificare una persona a questa funzione. Ogni gruppo genera un leader, ma il più-uno, dice J.-A. Miller, è un “leader povero”22, che “deve venire con dei punti interrogativi”, alla maniera di Socrate, “che è rimasto nella memoria per le elaborazioni che provocava nei suoi interlocutori”.23 I membri del cartello non impareranno da un maestro supposto sapere. Si insegneranno a partire dalla loro propria questione e da quelle degli altri, sostenuti nelle loro elaborazioni dal più-uno che, come proponeva Lacan, è “incaricato della selezione, della discussione e dell’esito da riservare al lavoro di ognuno”.24 Il più-uno può avere anche una funzione di interpretazione del gruppo, nella misura in cui “rispondere quello che si deve di fronte a un evento (…) significativo (…) è fare la buona interpretazione”, come diceva Lacan a proposito della decisione di Temistocle di affrontare i persiani a Salamina.
Colpisce notare che questa struttura (x +1) prefigura quella che Lacan per l’appunto svilupperà 10 anni dopo, con il suo nodo borromeo. Lo dice nel 1975: la struttura del cartello, “l’X +1, è molto precisamente quello che definisce il nodo borromeo”25. Ricordo che il nodo borromeo è la rappresentazione dell’annodamento dei 3 piani immaginario, simbolico e reale, concepiti dapprima come distinti.26 Una particolarità di questo nodo è che se uno dei fili di scioglie, l’insieme del nodo è disfatto ed ogni elemento ritorna libero. Il più-uno del cartello non è solo un membro che viene in più rispetto agli altri. Ha una funzione speciale, quella all’inizio di annodare il cartello, poi di scioglierlo dopo uno o due anni di lavoro oppure, di norma, se uno dei membri lascia il cartello, e questa particolarità contribuisce a responsabilizzare ogni membro.27
Perché 4 è “la giusta misura”? E perché 5 membri al massimo?
Nel 1975, Lacan dichiara: “non ho osato andare oltre il 5 (…) c’è l’esigenza che [il cartello] non superi questo numero”.28 Non espliciterà meglio questo punto e dirà che «questo deve essere ancora inquadrato bene”.29 Insisterà sul “fatto che questo gruppo sia piccolo è essenziale per il suo funzionamento”30. Oltre i 5 membri, c’è effettivamente un rischio che si formino dei sottogruppi antagonisti. Éric Laurent ha sostenuto che, in occasione della fondazione dell’École, “si trattava di organizzare gruppi (…) evitando che si prendessero per gruppi di pressione”.31
Il cartello contro la passione dell’ignoranza
Il cartello è un dispositivo di studio che è affine alla psicoanalisi, anche se non è il luogo in cui ci si analizza, né quello in cui si interpreta un collega. Se Lacan ha stabilito un legame diretto tra il cartello e la cura è anzitutto, mi pare, perché entrambi realizzano un annodamento tra la parola e il corpo: spostamento dei corpi sino al luogo del cartello – per quanto possibile – e parlare in nome proprio. Poi, il lavoro del cartello richiede tempo, il tempo che è necessario a ciascuno per elaborare la propria questione singolare. Si crea una tensione tra corpo e parola, che risuona spesso con la propria analisi, talvolta che spinge un membro ad impegnarsi in una cura. Quello che è in gioco, mi sembra, è l’articolazione tra leggere Freud o Lacan e leggere il proprio sintomo. E inoltre il cartello è anche un dispositivo analitico perché tiene in considerazione la dimensione del non-tutto e quella dell’impossibile. È ciò che mi ha portato a parlare, nel mio titolo, di una nuova modalità di legame sociale, che permette di non restare sempre “un isolato”,32 ma senza cadere nell’illusione di trovare un maestro ideale o di restare invischiato in un gruppo che non stabilisce limiti. In un cartello, non tutto è possibile: il sapere vi può essere approfondito, ma quello che è ottenuto resta frammentario, si tratta di pezzi di sapere. Un cartello non può esaurire il proprio tema di lavoro e la dissoluzione del gruppo è iscritta sin dall’inizio. Questo non impedisce l’affectio societatis e la convivialità degli incontri.
Lacan diceva che non si attendeva nulla dalle persone, ma “qualcosa dal funzionamento”.33 Il dispositivo (4 + uno) e la sua “organizzazione circolare” (la permutazione dei membri e della funzione più-una, da un cartello all’altro) mirano a contrastare gli effetti immaginari del gruppo e a creare un “vortice”34 favorevole al desiderio di sapere, a partire dal proprio buco nel sapere.
Essendo iscritto nel catalogo della New Lacanian School, il cartello realizza un legame diretto dei suoi membri con la Scuola. La Scuola è essa stessa costituita da un buco nel sapere, e sono anzitutto i numerosi prodotti dei cartelli che bordano quel buco e che la fanno vivere, accanto alla passe e ai suoi insegnamenti.
Traduzione: Adele Succetti
Note
↲1 | Intervento fatto alla XI Giornata dei Cartelli della SH-NLS il 26 giugno 2020 e pubblicato in 4+one n. 16, 2.2021. |
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↲2, ↲3 | E. Laurent, “Il reale e il gruppo”, <https://wapol.org/ornicar/articles/186lau.htm> |
↲4 | J. Lacan, “Atto di fondazione”, disponibile su: https://cartello.slp-cf.it/cartelli/testi-fondamentali/atto-di-fondazione-jacques-lacan/ |
↲5 | Cfr. J. Lacan, “Il seminario sulla lettera rubata”, Scritti, Einaudi, Torino, 2002; J. Lacan, Il Seminario, Libro II, L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi, cap. IV, Einaudi, Torino, 2006. |
↲6, ↲7 | J.-A. Miller, “Tavola commentata delle rappresentazioni grafiche”, in J. Lacan, Scritti, op. cit., p. 904. |
↲8 | [1] E. Laurent, « La lettre volée et le vol sur la lettre ». La Cause Freudienne N° 43, Navarin, Seuil, 1999, pp. 41-42. |
↲9 | J. Lacan, Le Séminaire, livre XXII, RSI, leçon du 15 avril 1975 (inédit). |
↲10 | J. Lacan, Journées d’étude des cartels de l’École Freudienne, 1975, séance de clôture. Lettres de l’Ecole freudienne de Paris, 4, 1976, n°18, p. 258. |
↲11 | J.-A. Miller, « De l’inconscient au réel » : une interprétation », Quarto N° 91, p. 62. |
↲12 | J. Lacan, Le Séminaire, livre XXI, « Les non-dupes errent », leçon du 21 mai 1975 (inédit). |
↲13 | Lao-Tzu, Il libro del Tao, Newton Zen, Milano, 2015. |
↲14 | S. Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’io, Boringhieri, Torino, 1989. |
↲15 | J. Lacan, Journées d’étude des cartels de l’École Freudienne, 1975, séance de clôture, Lettres de l’Ecole freudienne de Paris, 4, 1976, n°18. |
↲16 | E. Laurent, « Interprétation et École une ». http://lemessager. online.fr/LaQuotidienne/quotidienne3.htm |
↲17 | J. Lacan, “La psichiatria inglese e la guerra”, Altri scritti, Einaudi, Torino, 2013. |
↲18 | E. Laurent, « Le réel et le groupe », op. cit. |
↲19 | J. Lacan, Le Séminaire, livre XXII, RSI, leçon du 15 avril 1975 (inédit). |
↲20 | J. Lacan, Le séminaire, livre XXII, RSI, leçon du 15 avril 1975 (inédit). |
↲21 | E. Laurent, « La lettre volée et le vol sur la lettre ». La cause Freudienne N° 43, Navarin, Seuil, p. 31 |
↲22 | J.-A. Miller, “Il cartello nel mondo”, https://cartello.slp-cf.it/cartelli/testi-fondamentali/il-cartello-nel-mondo/ |
↲23 | J.-A. Miller, ”Cinque variazione sul tema dell’elaborazione provocata”, https://cartello.slp-cf.it/newsletter/newsletter-1/cinque-variazioni-sul-tema-della-elaborazione-provocata/ |
↲24 | J. Lacan, “Atto di fondazione dell’EFP”, op.cit. |
↲25 | J. Lacan, Journée des cartels de l’École freudienne de Paris, 12 avril 1975, op. cit., séance du samedi après-midi |
↲26 | J.-A. Miller, Pezzi staccati, lezione dell’8 dicembre 2004, Astrolabio, Roma, 2006. |
↲27 | Cfr. Journées d’étude des cartels de l’École Freudienne, 13 avril 1975, séance du dimanche après-midi., op.cit. |
↲28 | Journées d’étude des cartels de l’École Freudienne, 13 avril 1975, séance de clôture. op. cit. |
↲29, ↲30 | Ibidem. |
↲31 | E. Laurent, « Le réel et le groupe», op. cit., p.77. |
↲32 | J. Lacan: “Un analista deve restare un isolato?”. Journées d’étude des cartels de l’École Freudienne, 1975, séance du dimanche matin. op.cit. |
↲33 | J. Lacan, Séminaire Dissolution- « L’Autre manque », leçon du 15 janvier 1980, inédit. |
↲34 | J. Lacan, Journées d’étude des cartels de l’École Freudienne, 1975, séance de clôture. op.cit. |