Emanuela Scattolin
Lavoro di Scuola: Appunti Vintage lo potremmo chiamare un cartello redazionale in cui una produzione di sapere si è intrecciata al lavoro pragmatico: la preparazione, per la riedizione, di centoventuno numeri di Appunti.
Credo che quando la SLP propose di rieditare i “vecchi” numeri di Appunti – chiamati amabilmente Vintage dall’équipe che si sarebbe occupata del progetto – fece un’interpretazione di Scuola. Un atto.
Mai titolo fu così azzeccato poiché Vintage, nel suo etimo, indica il buon vino d’annata, il vino reso pregiato dall’invecchiamento. Nell’accezione moderna viene utilizzato per indicare un oggetto di culto, appartenente e testimone dello stile di un’altra epoca o generazione.
Ebbene, Appunti Vintage è tutto questo: vino pregiato d’annata perché, oltre all’indiscusso valore dei i suoi articoli/contributi costituisce la testimonianza storica dell’attecchimento in Italia dell’orientamento lacaniano; indica lo stile che ha caratterizzato l’epoca che ha portato alla nascita della Scuola nel 2002 diventando poi la cassa di risonanza delle molteplici attività della SLP, dell’elaborazione epistemica, teorica e clinica dell’insegnamento di Freud e Lacan, della penetrazione dell’orientamento lacaniano nel sociale e nelle istituzioni. Ma restituisce anche, in après-coup, una lettura dell’arcipelago lacaniano esistente prima del 1990 nel nostro paese, una riflessione sugli effetti che l’insegnamento di Lacan aveva provocato fino alla svolta impressa da J.-A. Miller che segna un punto di discontinuità tra un prima e un dopo. Un atto che ha cambiato le sorti del lacanismo in Italia.
Il numero zero della rivista esce nel luglio 1992 per proseguire in cartaceo fino a novembre 2008 e in digitale dal 2009. Centoventun numeri che arrivano al 2011. Una pubblicazione che racconta quasi vent’anni di storia. La nostra. E il mezzo digitale permetterà, soprattutto ai giovani che in questi ultimi anni si sono avvicinati alla Scuola, di conoscerla e di cogliere, tra l’altro, l’importanza fondamentale che la SLP riveste nella diffusione della psicoanalisi lacaniana.
Scegliere di rieditare anziché ristampare questi numeri è stata una decisione importante poiché oltre a essere una testimonianza storica formidabile, renderà il prezioso materiale un effettivo strumento di lavoro. Attraverso la funzione “cerca” si potrà infatti fare una ricerca per autori, per parole, per argomento e per concetti.
Una scelta che all’inizio non poteva, neppure lontanamente, far immaginare le sfide che avremmo dovuto affrontare, le difficoltà, le impasse (feconde) in cui ci saremmo imbattuti e che abbiamo attraversato. L’impossibile non ci ha reso impotenti. Ci siamo inventati grafici, informatici, impaginatori. Infine, quando si giungerà alla pubblicazione, saremo anche editori. Tutto il nostro lavoro, che è durato più di un anno, si è collocato all’interno della Scuola, “per” la Scuola nelle varie accezioni di questa preposizione: a causa, attraverso, per mezzo, in funzione di, e verso. Eros ci ha animato, non senza Thanatos.
Il Cartello ne ha fatto la puntuazione, costituendosi come un momento di riflessione sul lavoro che, facendosi, si andava via via snodando e riannodando. Intreccio di teoria e prassi, “clinica redazionale” come ebbe a definirla una volta il più-uno.
Forse possiamo dire che, in questo lavoro, si è trattato della riscrittura di 121 numeri? Non rispetto ai contenuti che ovviamente sono rimasti tali ma rispetto a quel che di un testo cambia nella sua trasposizione. Altri file, nuovi file, altra logica (informatica) che sfugge, altra cornice simbolica.
In una prima fase, tutto il materiale cartaceo, scansionato in PDF, è convertito in word. Il passaggio da una versione all’altra non è indolore; i refusi fioccano, le copertine diventano dei geroglifici, la grafica si altera e/o scompare. E la prima traccia del testo resta incancellabile, lavoriamo su una sorta di notes magico che porta con sé, ineliminabili, le tracce originarie.
Ottanta intrepidi colleghi rispondono alla chiamata della SLP e si cimentano, implicandosi, nella prima e ardua revisione dei testi. Un lavoro corale, un lavoro di Scuola.
Consideriamo, in un secondo tempo, che è importante riprodurre la grafica, minimal e/o barocca – parole, linee, immagini – in quanto caratterizza e costituisce il marchio di ciascun numero. Tratto fondamentale che indica anche lo stile dell’epoca in cui quel numero è apparso. Riflettiamo nel cartello sulla funzione della cornice, ineliminabile, e il testo trova, all’interno di questa, una nuova collocazione.
Insomma, curiamo i dettagli, dal testo alle note (che comunque decidiamo di lasciare nella loro versione originale – fino al 2013 Appunti non aveva delle vere e proprie norme redazionali), dalla copertina all’indice, dall’impaginazione alla grafica. Siamo convinti che solo così il testo può venire valorizzato e impreziosito. Cogliamo che la lettura redazionale di un testo implica due dimensioni, quella del senso e quella letterale. La prima permette di evidenziare gli errori legati alla grammatica, alla sintassi, alla punteggiatura, a omissioni, a salti concettuali ma, da sola, può produrre una certa cecità per la lettera che non appartiene al senso, anzi, si staglia completamente da esso. L’esperienza analitica docet.
Una volta J.-A. Miller, chiedendosi cosa volesse dire transfert di lavoro, rispose molto semplicemente che consisteva nel dare il buon esempio, il che suppone che altri vogliano prenderlo. Ciascun componente del cartello redazionale ha dato il buon esempio, implicandosi “anima e corpo”, senza risparmiarsi, improvvisandosi anche detective quando si è trattato di trovare gli ultimi tre numeri che sembravano “inesistenti” ma che invece erano stati “dimenticati” perché avevano segnato la grande svolta del passaggio dal cartaceo al digitale con tutte le resistenze che, a suo tempo, la variazione aveva creato e che continuava a produrre una certa scotomizzazione. Oppure ri-trovando un numero che sembrava scomparso per scoprire che, come la lettera rubata, era sotto gli occhi di tutti noi senza che riuscissimo a vederlo. E il cartello si è costituito come il luogo in cui testimoniare tutto questo, ha scandito il tempo per vedere, il tempo per comprendere e il tempo per concludere.
Abbiamo incontrato difficoltà che talvolta sembravano insormontabili che hanno ostacolato l’avanzare del lavoro, abbiamo trovato percorsi nuovi, mediazioni ma l’importante è stato non cedere sull’orizzonte del desiderio e la lettera è il segno di questo non cedimento.1
Ringrazio i miei compagni di viaggio in questa straordinaria avventura e componenti del Cartello che ha concluso il suo lavoro poche settimane fa. Sergio Caretto, più-uno; Omar Battisti, Emanuela D’Alessandro e Alberto Tuccio.