Eva Bocchiola1
Come affrontare una serata sul pas tout se non procedendo proprio da un cartello, strumento privilegiato per un lavoro di Scuola? Ripercorrere con i colleghi i passaggi logici seguiti da Lacan per arrivare a delimitare la posizione femminile si è rivelata una esperienza feconda di cui spero riusciremo a trasmettere una piccola testimonianza.
Arduo riprendere in breve le coordinate della tavola della sessuazione e addentrarsi dove Lacan avanza rispetto a Freud con le formule della femminilità. Coloro che vi si collocano – poco interessa se sotto l’aspetto anatomico o di stato civile siano maschi o femmine – non possono creare un insieme, ma possono farvi parte solo una per una (al femminile), perché ognuna è un’eccezione. Un’eccezione che, iscrivendosi sul lato della femminilità si sottrae, almeno parzialmente, al dominio del fallo e alla potenza ad esso connessa. Interessante notare che fin dalle battute iniziali il concetto del non-tutto emerge dagli aspetti inediti prodotti dal Discorso dell’Analista e come per questo motivo si presenti da subito in opposizione all’universale.
Procederò riportando direttamente le citazioni dai Seminari XVIII e XIX.
Abbiamo reperito i primi accenni relativi al concetto di pas tout nel Seminario XVIII, nella lezione del 17 febbraio 1971, dove per la prima volta, Lacan afferma che non c’è l’universale della donna. Parte dal mito di Totem e tabù e dichiara “Il mito del godimento di tutte le donne, indica che il tutte le donne non c’è. Non c’è universale della donna”2.
Nel seminario precedente, il XVII – Il rovescio della psicoanalisi, aveva dato una scrittura del legame sociale articolata nei quattro discorsi e ora procede seguendo lo stesso filo rosso, interrogandosi se sia possibile un discorso che non “sarebbe” del sembiante. Questione improbabile visto che Lacan ribadisce più volte e in più modi che la posizione dominante di ogni discorso è sempre occupata da un sembiante e che “non c’è discorso se non di sembiante”3 tuttavia, si tratta di una interrogazione non marginale, in quanto riguarda “ciò che dovrebbe rendere reale il rapporto tra l’uomo e la donna”4.
La sua riflessione su questo tema prende l’avvio dal legame intrinseco tra il linguaggio e il Discorso dell’analista, è un’investigazione, usa proprio questo termine: “Noi investighiamo a partire da un certo discorso, in questo caso il mio, il mio in quanto è quello dell’analista”5. Prende le mosse dalla scrittura di questo matema e impugna la logica, come una indispensabile e potente Durlindana, per avanzare. Utilizza vari tipi di logica: aristotelica, moderna, matematica, introduce qui anche cenni di topologia, il perché ce lo ripete più volte, caso mai ci fosse sfuggito o eludessimo il riferimento: “La logica non prende in conto gli effetti di significato, anzi li svaluta”, “È solo dallo scritto che si costituisce la logica […] in quanto per l’appunto lo scritto non è il linguaggio […] si costruisce, si fabbrica solo per il suo riferirsi al linguaggio6.
Nel Seminario XIX Lacan rafforza l’importanza e il necessario della scrittura e della logica anche più esplicitamente: “L’idea che mi faccio dello scritto è: il ritorno del rimosso”7, oppure “la logica attiene al campo della castrazione”8, “la logica introduce uno squarcio irriducibile […] designa il Reale”9.
Quindi, la logica è indispensabile per procedere, per approcciare il punto che poeti, artisti e Jung, aggiunge, scorgono e arrivano anche ad isolare ma da cui faticano a proseguire.
Abbiamo accennato che il Discorso dell’Analista “nient’altro se non la logica dell’azione”10 è la scrittura iniziale da cui Lacan procede per arrivare a delimitare il concetto di non-tutto. È quindi chiaro che trova la sua logica unicamente a partire dall’unico e indispensabile oggetto d’indagine e fine ultimo della psicoanalisi: la clinica. Vediamone alcuni brevi passaggi:

In questo schema del discorso dell’analista abbiamo, a sinistra, l’oggetto piccolo a fratto S2 – il sapere, mentre sulla destra troviamo ciò che avviene a livello dell’altro, l’analizzante, vale a dire la funzione del soggetto in quanto è barrato ($) e in quanto parlando produce dei significanti. Tutt’altro poi che significanti qualsiasi ma degli S1, dei significanti padroni. Il gioco dei significanti in libera associazione incide sul piano delle identificazioni, immaginarie e simboliche, e fa emergere un sapere nuovo S2: il sapere-testuale, iscritto nel testo di ciò che si dice.
Il Discorso dell’analista “ha il privilegio di un certo sapere che illumina l’articolazione della verità con il sapere” leggiamo ancora nel Seminario XVIII11, il sapere che emerge da questo quadripode ha effetto di verità in quanto S2 occupa precisamente il posto della verità in basso a sinistra12. L’attenzione è proprio su questo S2 situato al posto della Verità che supporta il sembiante … “il sembiante non si enuncia che a partire dalla verità”13, ricorda più volte Lacan.
Questa giunzione della verità con il sapere, Lacan la esprime esattamente nei seguenti termini “non c’è rapporto sessuale nell’essere parlante”14. “Il rapporto sessuale fa difetto al campo della verità, in quanto il discorso che lo instaura non procede che dal sembiante”15.
Non c’è rapporto sessuale nel senso della scrittura matematica del rapporto. Infatti, in matematica per scrivere un rapporto è indispensabile disporre di due termini ma gli esseri umani posseggono un solo termine per regolare il sessuale, per l’esattezza il fallo “Φ”. Il fallo è contraddistinto dal fatto di non essere un tramite, non stabilisce un rapporto di complementarità, se lo si collega con il termine uomo, per esempio, si è certi che non comunicherà con l’altro e viceversa.
“L’uomo è funzione fallica in quanto è ogni uomo. – scrive Lacan – Ma come sapete, c’è da dubitare che ogni uomo esista. Ecco la posta in gioco: l’uomo può esserlo solo a titolo di ogniuomo – (Ɐx Φx) vale a dire a titolo di un significante e niente di più”16. Per la donna la posta in gioco è esattamente il contrario:La donna non può ricoprire il suo posto nel rapporto sessuale, ella può esserlo solo a titolo di una donna.Lacan ribadisce con forza “ogni donna non esiste!”17 situata sul lato femminile avrà la necessità, l’obbligo, di incarnare da sola e, una per una, questa funzione logica d’eccezione, poiché l’eccezione non esiste al di fuori. Per questo motivo, nella riga in alto a destra del quadrante, viene escluso quell’uno che costituisce l’eccezione.
Benché con le sue formule Lacan mostri una separazione e una solitudine radicale tra le due colonne della tavola della sessuazione questo non vuol dire che non esistano delle relazioni sessuali nella vita delle persone. La possibilità di un legame tra i sessi però può solo passare attraverso la via del fantasma, un fai da te, indicato anche dalla direzione delle frecce nella parte sottostante della tavola, che però non può scrivere un rapporto.
Scuola non tutta
Così come non esiste l’universale della donna, per Lacan, non c’è neppure l’universale degli analisti, colui che si autorizza ad esserlo è sul pas tout che deve prendere appoggio. Lo dice chiaramente nella Nota Italiana: “Autorizzarsi non è auto-ri(tuali)zzarsi. Poiché ho posto, d’altro canto, che è dal non tutto che procede l’analista.”18
Nella sua Scuola vige la logica dell’uno per uno e del non tutto, non c’è insieme chiuso dove tutti si identificano allo stesso significante, non esiste la comunità degli analisti. J.-A. Miller chiarisce che questa modalità, questa serie dove ognuno è un’eccezione, consente una riunificazione in uno stile inedito, ci si riaggrega al di là dell’Edipo, fuori dalla logica totalitaria19.
La Scuola deve porsi questioni, reinventare la sua differenza, precisa J.-A. Miller, differenza che consiste nell’essere un organismo coerente con il discorso analitico. Appunto! Nella Scuola ognuno è invitato a testimoniare della propria posizione soggettiva per assicurarne il funzionamento, poco importa il livello gerarchico che occupa. Occorre che ciascuno metta in gioco quel sapere S2 che emerge dal lavoro analitico, indicato in altro modo con il termine sinthomo, e che benché sembiante ha tuttavia valore di verità. Significa mettere fuori Scuola, o sul bordo esterno della Scuola, tutto ciò che è seminari, conferenze e corsi e liberare uno spazio centrale per “il lavoro della Scuola”. Lavoro che, come riportato anche dallo Statuto della SLP e delle altre Scuole di psicoanalisi, dovrà seguire “il principio di un’elaborazione sostenuta in un piccolo gruppo”.
In conclusione, questa Scuola dei frammenti di sapere si femminilizza, è non tutta, “un collettivo di sparsi scompagnati”20 dove ognuno assume il posto dell’eccezione nella più grande solitudine. Una solitudine comunque di natura radicalmente diversa in quanto il femminile, heteros per eccellenza, fa circolare discorsi di vita che sono anti-segregativi.
Note