Dario Alparone
La nostra più recente esperienza da cartellizzante è quella (ancora in svolgimento) del cartello lampo sul tema della formazione e della trasmissione in psicoanalisi. Si tratta di un tema che ci ha messo subito al lavoro, ma che inizialmente ci lasciava soggettivamente tentennanti circa quale strada prendere per affrontare la questione. Tentennamento legato sicuramente ad un “regolamento di conti”, in un rapporto di tensione tra anagrafica e ottenimento del titolo di studio, ma anche alla questione stessa della formazione dell’analista, rispetto alla quale attualmente non riconosciamo ancora di aver raggiunto quel momento che permette di dire non tanto la parola “fine”, quanto piuttosto di autorizzare quella di “psicoanalista” nella qualificazione di sé.
L’incontro con gli altri membri della Scuola in quella singolare congiuntura del legame sociale qual è il Cartel ci ha permesso di far chiarezza, non tanto sulla questione in sé, quanto su dove fosse possibile ritrovarne una chiave di lettura.
Del resto, per quanto riguarda la trasmissione della psicoanalisi, intuitivamente non ci è stato difficile coglierne il senso, tanto più che soggettivamente riteniamo di averne fatto esperienza con una sorta di colpo di fulmine, quando nella collezione libraria familiare ritrovammo una serie di volumi per effetto di uno scambio di proprietà da un genitore all’altro. Un errore nato da un presupposto, che tuttavia ci portò alla lettura di quei testi con scritto “Freud” sul dorso. Ancora una volta, quindi, la scrittura egualmente chiara e densa del padre della psicoanalisi ci porta a contornare i limiti dei nostri dubbi su una questione in materia di analisi.
Ad ogni modo, ciò che appare singolare di questa minimale esperienza è proprio il fatto che nel lavoro di Cartel si giunge a poter dire finalmente qualcosa circa il desiderio. Desiderio di sapere in questo caso, ma di un sapere non da collezione, come quella dei libri di famiglia, ma di un saperne circa ciò che del discorso psicoanalitico ci implica in quanto analizzanti. Si tratta di un’esperienza che sempre si riconferma in tutti quegli incontri dello stesso genere, i quali ci appaiono così come momenti di presentificazione, realizzazione della Scuola stessa.
Nella sua Teoria di Torino[1] Miller afferma, riprendendo Hegel, che la Scuola è lo “spirito oggettivo” della psicoanalisi. Spirito che si realizzerebbe negli vari atti di Scuola, tra cui i convegni, le pubblicazioni, gli eventi, la sua stessa fondazione etc. A tutti questi momenti, a nostro modo di vedere, si potrebbe aggiungere anche il Cartel.
J.-A. Miller, Teoria di Torino sul soggetto della scuola, 2000, URL: < https://www.slp-cf.it/teoria-torino-sul-soggetto-della-scuola/ >.