Cartelli della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi del Campo Freudiano
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Appunti sul pas-tout dell’analista

Pubblicato il 3 Febbraio 2022

Chiara G. Nicastri

Nella Nota italiana Lacan afferma “è dal non-tutto che procede l’analista”.[1] Tale coordinata indica il lato destro delle formule della sessuazione, il versante femminile. Come è noto, queste formule si compongono anche di un altro versante, maschile. Questo mostra come l’essere parlante, tutti gli esseri parlanti, indipendentemente dall’anatomia, abbiano come riferimento il fallo, “ma, [continua Lacan] nonostante questo tutti, esiste – e in questo caso esiste vuol dire esiste esattamente come nella risoluzione di un’equazione matematica -, esiste almeno uno per cui la verità della sua denotazione non è inerente alla funzione fallica”.[2] È quanto aveva illustrato Freud in Totem e tabù, con il mito del Padre dell’orda primordiale.[3] Vi è un insieme finito di elementi accomunati da un fattore, la castrazione, e dalla differenza con un elemento che vi fa eccezione. Di tutto ciò Lacan, avvalendosi dei quantificatori logici esistenziale e universale,[4] scrive la funzione che colloca appunto sul versante sinistro delle formule. Sul lato destro, femminile, attraverso l’articolazione di questi quantificatori è possibile “porre la funzione del pas-tout – cosa [precisa Lacan] che non è mai stata fatta nella logica dei quantificatori e che io faccio perché ritengo possa essere molto vantaggiosa per noi”.[5] Lacan si avvale qui, come egli stesso afferma, di una “nuova logica”.[6] Nell’“Avvertenza del curatore dell’edizione italiana” del Seminario XIX, Antonio Di Ciaccia esplicita, attraverso i riferimenti ai testi di Aristotele e Lacan, come nel passaggio dal quadrante maschile a quello femminile delle formule si passi da una logica classica che prevede un tutti (perciò un insieme finito) a una logica di tipo intuizionista che presuppone invece l’infinito: “Lacan usa il pas-tout nel contesto di un potenziale insieme infinito di tipo intuizionista, logica che presuppone l’infinito, come ha dimostrato Gödel […]”.[7] Questo richiede una particolare attenzione nella traduzione italiana di pas-tout a seconda del tipo di logica cui risponde: “nel contesto della logica classica pas-tout deve essere tradotto con non-ogni mentre nel contesto della logica intuizionista deve essere tradotto con non-tutto, non-tutta”.[8]

Il non-tutto della formula nel quadrante femminile non designa un’eccezione di alcune donne in rapporto alla funzione fallica nella forma “alcune sì altre no”, così come designato invece dalla funzione della particolare negativa sul lato maschile. Chiarisce Lacan: “il non-tutte è destinato esclusivamente a indicare che la donna ha da qualche parte rapporto con la funzione fallica, e niente di più”.[9] Ciascun essere parlante, sul versante femminile, è non-tutto ma in qualche forma, ciascuno a modo proprio, in relazione con tale funzione.[10] Anche l’analista, come detto in apertura, è inserito da Lacan in questa logica: non esiste un insieme che contempli un tutti, un universale. Osserva Di Ciaccia: “l’analista non è consacrato tale da nessuna potenza fallica, ma dal pas-tout. E, inoltre, questo pas-tout non vuol dire solo che ognuno potrebbe diventare analista benché non tutti poi lo diventino, ma vuol dire che colui che esercita la funzione dell’analista è sul pas-tout che deve prendere appoggio”.[11]

Nel Seminario XIX Lacan afferma che “il non-tutto si produce”.[12] Non appartiene all’ordine dell’evidenza già data, affermata, dell’esistenza. È al versante dell’ex-sistenza[13] che si affianca, in cui “ex-sistere è trarre il proprio sostegno da un fuori che non c’è”.[14]

Nella Nota italiana, che risale all’anno seguente del Seminario XIX, Lacan farà riferimento a “l’ex-sistenza dell’analista”,[15] disancorata dalla funzione. Jacques-Alain Miller riprende questo punto concentrando l’attenzione sulla scissura fra la funzione dell’analista e la sua ex-sistenza. Un analista non si riduce al funzionare come tale, ciò non toglie che per coloro che così funzionano siano “grandi le possibilità che si sia prodotta l’ek-sistenza[16] dello psicoanalista”.[17] La definizione dell’analista si colloca sull’asse del non-tutto: vi è “qualcosa della sua ek-sistenza che non è fondato dalla sua auto-autorizzazione, che si fonda altrove”.[18] Qualcosa che non è dato in quanto tale, che non pertiene un funzionamento, ma che si produce, si effettua: “al livello di […] una trasformazione del rapporto del soggetto con l’oggetto a. Ciò che distingue l’analista è che sa essere uno scarto. Sa esserlo e sa di esserlo”;[19] afferma Miller ponendo l’attenzione sulla peculiarità del sapere che distingue, come un marchio, colui per il quale l’ex-sistenza avviene. Quello dell’analista è un sapere differente da quello portato dallo scienziato in quanto, riporto Lacan, “l’analista, se si distingue per lo scarto che ho detto, è proprio perché ha intravisto come l’umanità si situi con la felicità […], ed è per questo che deve avere isolato la causa del suo orrore, la causa del suo proprio orrore di sapere, staccato da quello di tutti”.[20]

[1] J. Lacan, Nota italiana, in: Altri scritti, Einaudi, Torino 2013, p. 304.

[2] J. Lacan, Il seminario. Libro XIX. … o peggio, Einaudi, Torino 2020, p. 40.

[3] Cfr.S. Freud, Totem e tabù, in: Opere vol. 7, Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp. 1-164.

[4] ∃ (esiste almeno un) ∀ (per ogni).

[5] J. Lacan, Il seminario. Libro XIX, cit., p. 29.

[6] Ivi, p. 14.

[7] A. Di Ciaccia, “Avvertenza del curatore dell’edizione italiana”, in: J. Lacan, Il seminario. Libro XIX, cit., p. 261.

[8] Ibidem.

[9] J. Lacan, Il seminario. Libro XIX, cit., p. 40.

[10] Cfr. J. Lacan, Il seminario. Libro XIX, cit., p. 98.

[11] A Di Ciaccia, “Verso il Seminario Ancora”, in: La Psicoanalisi n. 53-54, Astrolabio, Roma 2013, p. 31.

[12] J. Lacan, Il seminario. Libro XIX, cit., p. 15.

[13] In alcune citazioni successive compare “ek-sistenza” e non “ex-sistenza”, scritture usate in modo equivalente che rimandano al verbo greco έξἰστημι. Per maggiori chiarimenti si veda: A. Di Ciaccia, “Avvertenza del curatore dell’edizione italiana”, in: J. Lacan, Il seminario. Libro XIX, cit., pp. 259-262.

[14] J. Lacan, Il seminario. Libro XIX, cit., p. 131.

[15] J. Lacan, Nota italiana, in: Altri scritti, cit., p. 304.

[16] Si veda la nota 13 in questo testo.

[17] J.-A. Miller, Capisaldi dell’insegnamento di Lacan, Astrolabio, Roma 2021, p. 348.

[18] Ivi, p. 348.

[19] Ivi, p. 349.

[20] J. Lacan, Nota italiana, in: Altri scritti, cit., p. 305.

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