Alessandro Siciliano[1]
Traggo il titolo da un’esortazione di Miller, nel suo intervento sulla teoria del soggetto della scuola.[2] Alla domanda “che cos’è una scuola di psicoanalisi”, seguendo questo e altri testi fondativi, si può rispondere come fa Miller: la scuola è un soggetto. Un soggetto è ciò che è parlato dall’Altro, ciò di cui altri parlano al fine di provocarne una manifestazione, una emersione. L’Altro parla di “ciò”, e “ciò” risponde manifestando la sua natura di soggetto parlante. La scuola di psicoanalisi italiana, nascente al tempo di questo intervento di Miller, sarebbe dunque il soggetto (Miller non parla di oggetto) del desiderio degli psicoanalisti.
Ma c’è già di più rispetto alla normale, per così dire, nascita di un soggetto. Miller non dice che la scuola si costituisce come soggetto del semplice parlare degli psicoanalisti, dice invece, o meglio invita gli analisti che già ne parlano, ad “interpretare” la scuola. E colloca qui, nell’interpretazione della scuola, l’antidoto contro i normali effetti prodotti da un collettivo qualunque che si riunisca intorno a un oggetto qualunque.
Quando un gruppo di individui parla di qualcosa di comune a tutti, riconoscendosi idealmente nell’oggetto del proprio parlare, e riconoscendosi gli uni con gli altri nella condivisione di questo tratto comune, se ne ricava un effetto di massificazione che produce il gruppo come attruppamento, come i gruppi descritti da Freud in Psicologia delle masse. Cosa vuol dire, invece, “interpretare” il soggetto-gruppo di cui pure si parla? “Interpretare il gruppo significa dissociarlo e rinviare ognuno dei membri della comunità alla propria solitudine, alla solitudine del suo rapporto con l’Ideale”, così Miller. “Il primo discorso è un discorso massificante che si fonda sulla suggestione e, a dire il vero, resta sempre una quota di suggestione ineliminabile. Il secondo discorso è interpretativo e demassificante. È un’analisi della suggestione di gruppo.”
Qui sta un importante motivo per cui non si tratta di “società” di psicoanalisi, né di “associazione” di psicoanalisi, né “gruppo” né qualsiasi altra forma di produzione e conservazione di privilegi o comfort o titoli. Tanto più il singolo si interesserà alla scuola di psicoanalisi, tanto più dovrà parlarne prima, interpretarla poi, come Miller fa e invita a fare in questo intervento fondativo. Chi più avanza verso la scuola, più è in posizione di parlante e interpretante. Non è dunque una parola che punta al riconoscimento da parte di un Altro istituito, e dal riconoscimento ricava guadagni simbolici e reali. È invece un’avanzata verso la dissociazione, verso la solitudine, insomma un’avanzata verso la perdita, ma a favore di un soggetto che ne ricava il guadagno di un’esistenza, esiste dacché se ne parla.
Il soggetto della scuola esiste e vive delle parole dei suoi partecipanti e analizzanti e delle interpretazioni dei suoi analisti.
Gli analisti sono dunque chiamati a interpretare la scuola in quanto soggetto, a produrre atti che dissocino il gruppo e rinviino ciascuno alla propria solitudine, evitando che tale rapporto alla propria solitudine, e alla propria divisione, venga obliterato dalla massificazione dell’appartenenza al gruppo.
E gli analizzanti? Sappiamo che Lacan, nel suo Atto di fondazione, parla spesso e volentieri di “lavoro”. È chiaro per Lacan che chi bussa alle porte della sua scuola potrà accedervi solo attraverso un “transfert di lavoro”.[3] Sappiamo anche che il lavoro, nell’esperienza analitica, è ciò che caratterizza il soggetto analizzante, secondo la struttura del discorso analitico. La questione che si pone è allora in che rapporti stiano il lavoro in analisi e il lavoro in scuola, o meglio ancora, il lavoro analizzante nel lavoro di scuola.
Sembrerebbe trattarsi in effetti di due lavori completamente diversi, anche incommensurabili. Non c’è rapporto diretto tra il lavoro che si compie in analisi e il lavoro che si compie in scuola. Occorre mettere in conto un salto, un rilancio, che potrebbe consistere nel far sapere a qualcun altro, alle prese con la stessa esperienza, di ciò che sarebbe il più personale, il più singolare. Un movimento di comunizzazione e comunicazione, che per Lacan aveva soprattutto uno scopo scientifico: sottrarre l’esperienza analitica alla ineffabilità,[4] sottoponendosi anche al controllo di altri. Messa così, ci sarebbe anche un senso politico: fare in modo che le soddisfazioni della propria esperienza non si consumino al termine della stessa, ma che vadano invece a contribuire alla riproduzione di quella esperienza per altri, alla riproduzione delle condizioni di esistenza di quella esperienza per altri.
Far esistere una scuola di psicoanalisi sarebbe così un modo per far esistere la psicoanalisi al di là della propria analisi. Cosa ne guadagna infatti la psicoanalisi dall’esistenza di una scuola, per come la delinea Miller? Perché sarebbe importante, per la psicoanalisi, far esistere una scuola?
Uso le parole di Paola Francesconi, analista della scuola: “l’agalma, il bene comune, di cui la Scuola è il contenente, e su cui essa veglia affinché non subisca il declino “naturale” a palea, è la psicoanalisi stessa. Questo non vuol dire che la Scuola sia l’unico modo di intendere la psicoanalisi, essa non ne è il sinonimo, ma il luogo di “cura”, questo sì. La Scuola è il mezzo per farla crescere, per spingere altri, anche al di fuori del proprio insieme, a interessarsene, a lavorare per la sua esistenza. La Scuola è lo strumento di obiezione a che la psicoanalisi diventi palea, a che il bene comune diventi godimento solitario e in cortocircuito rispetto al legame di parola”.[5]
Un luogo, dunque, da cui parte un invito a parlare della psicoanalisi a partire dalla propria esperienza, dicendola sempre meglio, affinché le condizioni di esistenza di quella stessa esperienza possano reiterarsi e rinvigorirsi attraverso una elaborazione, un avanzamento, contribuendo alla riproduzione nel sociale e nel politico del “vomere tagliente” della verità freudiana.[6]
[1] Partecipante alle Attività SLPcf _ Questioni di Scuola SLPcf , 20 febbraio 2022 Rimini
[2] J.-A. Miller, Teoria di Torino sul soggetto della scuola, https://www.slp-cf.it/teoria-torino-sul-soggetto-della-scuola/
[3] J. Lacan, Atto di fondazione, in Id. Altri scritti, testi riuniti da J.-A. Miller, a cura di A. Di Ciaccia, Einaudi, Torino 2013, p. 236.
[4] Ibidem, p. 232.
[5] P. Francesconi, L’agalma della Scuola, in Attualità lacaniana, N. 12, https://www.slp-cf.it/attualita-lacaniana-n-12-corpo-posto/
[6] J. Lacan, Atto di fondazione, cit., p. 229.