Cartelli della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi del Campo Freudiano
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B – cartel

Pubblicato il 26 Maggio 2023

Barbara Aramini

Nell’Atto di fondazione, Jacques Lacan designa il cartello come pilastro del lavoro di Scuola: si lavora in piccolo gruppo, da tre a massimo cinque componenti. Il cartello mette a lavoro a partire dal desiderio dei tre/cinque che si scelgono. Non c’è rapporto piramidale tra i componenti: sono pari. Il sapere che si lavora e si produce non è un sapere dato, pieno, ma è qualcosa da articolare con la propria carne, il proprio desiderio, il proprio rapporto con il sapere (inconscio). Il cartello richiede fatica, l’esplorazione di sentieri non ancora battuti, un tempo lento e un saperci fare con il non tutto. Il lavoro di cartello necessita di un tempo libero e della possibilità di accogliere l’incertezza, l’interrogazione. Il cartello chiede uno sguardo inedito sul sapere.  

Come profetizzato da Albert Camus con La peste, abbiamo vissuto un tempo pandemico di isolamento, chiusura, trasformazione, riarticolazione della presenza. Abbiamo vissuto l’impossibilità dei corpi che si avvicinano, cercano, toccano. Abbiamo attraversato le distanze grazie alla rete che ha alleviato l’orrore del non poterci essere nella vicinanza dei corpi. Ma, parafrasando Fëdor Dostoevskij, a tutto si abitua quel vigliacco dell’uomo. Ci siamo abituati al nuovo ritmo del tempo; ci siamo abituati a un tipo diverso di presenza; ci siamo abituati a un diverso uso del corpo e dell’immagine; ci siamo abituati a un calcolo delle possibilità, di quello che possiamo fare nell’arco di una giornata, delirante e compulsivo. 

Il ritorno, si fa per dire, alla vita senza restrizioni è avvenuto con una logica additiva. Emerge, almeno nella mia lettura, un troppo. L’online non è scomparso, ma si è affiancato alle attività in presenza e in una logica bulimica non si dice no a nulla. Più è meglio di meno; ogni lasciata è persa. Il vuoto, il meno, necessario per l’insorgenza di un desiderio, sembra sbiadito, impallidito, soffocato. La modalità a distanza, se da un lato permette di partecipare a eventi che sarebbero preclusi, riduce al minimo l’implicazione e la scelta. Spostarsi ha un costo e una perdita che la presenza online non chiede. 

Questa metamorfosi come investe il cartello? Nel lavoro fatto con Ilde Kantzas, Cristiano Lastrucci, Florencia Medici e Laura Storti sono sorte delle questioni. Il gruppo, nato con l’obiettivo di animare il sito, ha cambiato vesti sin da subito. È nata una domanda: perché i cartelli, nel nostro paese, nascono con difficoltà? Le persone faticano a trovare amici di viaggio, se ne lamentano, ma poi capita che, pur nascendo, il cartello non decolli, stenti, rimanga  inerme. Un primo passo, un cambiamento sul sito. Una lavagna su cui scrivere e rendere presente un desiderio di lavoro su un tema in modo da favorire l’incontro di chi desidera lavorare. Oltre alla produzione di una via di uscita dall’ ingorgo, era però necessario interrogarsi sulle possibili cause di questa zoppia. Una lettura riguarda il troppo di attività che ognuno di noi svolge; un troppo che non necessariamente produce un salto nella propria formazione analitica. Questo troppo, questo più e più, seda, addormenta, rilassa, inebetisce, anestetizza. Rassicura. Convegni, conferenze, attività online non richiedono il rapporto con il sapere che il cartello impone; non c’è quella faticosa articolazione con il sapere e la questione inconscia.

Allieva dell’istituto freudiano, faticavo a comprendere un passaggio. La docente insisteva, cambiando vie e modi di dire la cosa. Continuavo a non capire. Lei passò oltre, dopo avermi detto non è un fatto cognitivo. Si aprì un varco. Il desiderio di sapere, che mi anima sin da piccola, si sposava con il suo opposto. Nessuno avrebbe potuto capirne l’intreccio e la logica al posto mio. Il lavoro di cartello chiede questo: la carne e l’abitare un posto inedito e straniero. La questione che mi pongo è come animare un lavoro di cartello, un lavoro di costruzione, un transfert di lavoro. Come uscire dai confini della lingua ufficiale, quella psicoanalitica, e aprire a una scuola poliglotta che faccia discorrere la psicoanalisi con gli altri saperi? Il cartello potrebbe permettere una mescolanza di saperi che darwinianamente favorirebbe la sopravvivenza della specie. 

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