Alfonso Leo
Di gruppi Lacan inizia a parlare nell’articolo “la psichiatria inglese e la guerra”1 e parla del lavoro di Bion come di “un’innovazione di metodo”, ma successivamente con “l’atto di fondazione”2 istituisce il lavoro in piccoli gruppi, la premessa di quelli che verranno denominati cartelli.
Come afferma Jacques-Alain Miller è quello il motore della Scuola secondo Lacan. Il cartello è antiautoritario per definizione. Il suo scopo è eliminare il potere dell’immaginario, di far rinascere il desiderio, attraverso la creazione di un piccolo gruppo, non troppo piccolo come sarebbe ad esempio in una coppia dove l’uno si specchia nell’altro, ancora una volta l’immaginario in gioco, ottimo per creare una famiglia ma di certo non per lavorare!
Lacan propone un gruppo “composto da un minimo di tre persone e da un massimo di cinque persone” ed introduce la figura del Più Uno.
Perché non più di 5?
Perché un gruppo più vasto ha bisogno di un leader, ancora una volta l’immaginario che si introduce.
Nel cartello ogni membro ha la sua autonomia, ha il suo nome e il suo argomento, non esiste un depositario della conoscenza che prevale sugli altri, ma ogni membro porta il suo apporto, non di conoscenza ma di desiderio, e la Scuola come altro funge da motore e da legame.
Si inizia dal nome da dare al cartello, il primo passo, ma da questo deriva un primo après-coup.
Ci si confronta con il buco da cui il cartello parte, l’orrore del buco che costituisce un motore, ma permetterà ad ogni membro di confrontarsi col proprio buco nella conoscenza, sapendo già che non riuscirà a colmarlo mai del tutto.
È proprio della domanda di rimanere in maniera permanentemente insoddisfatta, in modo tale da non entrare nel discorso universitario.
Il cartello non è un contenitore di tutto lo scibile sull’argomento, ma ha la funzione di smuovere le vecchie abitudini e di guardare da altra prospettiva un determinato argomento. Esso ha un limite temporale, non è la conoscenza di Internet che pretende di dire tutto e il contrario di tutto, ma pone la luce su determinati aspetti che possono, si spera, rendere vivo il discorso della psicoanalisi.
Ma allora a che serve un cartello?
Non certo a organizzare una conferenza o a scrivere un libro o un articolo o almeno non solo come afferma J.-A. Miller.3
Può essere uno strumento per “risolvere una questione” nel rendere vivo il discorso della Psicoanalisi Lacaniana “In partibus infidelium”, in luoghi dove apparentemente la psicoanalisi non potrebbe operare, ma invece trova una possibile applicazione,4 anche per creare una connessione con altri mondi quali gli studenti di psicologia o il mondo dei lavoratori della sanità o degli insegnanti, ecc.
Può servire a creare interesse in altri contesti per poter vedere con altri occhi, ad esempio con quelli della psicoanalisi applicata, i fenomeni sociali coinvolgendo anche componenti non psicoanalisti ma interessati all’argomento, applicazione pratica della spinta verso una “politica Lacaniana”, come richiesto da J.-A. Miller a Torino.
Il cartello come afferma Miller,5 “Nessun progresso è da attendere, se non una messa a cielo aperto periodica dei risultati e delle crisi del lavoro.”
Qui viene il secondo après-coup.
In conclusione, al cartello si può produrre qualsiasi cosa ma rimane un buco, un vuoto di per sé, fortunatamente, incolmabile. La conclusione del cartello si scontra proprio con tutto ciò. Il tempo è limitato, si potrebbe scrivere altro, trovare altre connessioni ma ormai la regola impone la chiusura! Non si tratta di una regola astrusa ma di un utile strumento per lasciare ancora spazio al lavoro della Scuola su tale argomento, in maniera da non creare gli esperti di un determinato argomento, esperti di un après-coup, volto alla ricostruzione di un argomento, di un evento, ma alla costruzione di nuove strade, nuovo desiderio.
Confrontarsi con tale mancanza, con tale vuoto ci pone nella condizione di aprire un discorso in maniera da rendere vivo, attraverso il cartello, il dibattito nella Scuola.
↲1 | J. Lacan, Altri scritti, Einaudi, Torino, 2013, pp.101-120. |
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↲2 | Ivi, pp. 229-240. |
↲3 | https://cartello.slp-cf.it/cartelli/testi-fondamentali/il-cartello-nel-mondo/ |
↲4 | Il problema del burnout ne La cause du désir n. 99 dal titolo “Travaille!”, Navarin Editeur, Juin 2018, dedicata a tale argomento. |
↲5 | https://cartello.slp-cf.it/cartelli/testi-fondamentali/il-cartello-nel-mondo/ non ha bisogno di un leader, ma di un Più Uno, di uno che sia in fin dei conti un meno uno nei fatti, un soggetto che grazie alla sua voglia di conoscere mette in movimento il desiderio degli altri, non un leader carismatico, ma un soggetto che svolge una funzione. La comunicazione avviene in maniera orizzontale e non attraverso il leader! Ogni cartellizzante ha caratteristiche uniche e peculiari, ognuno porta il proprio apporto. Il cartello ha l’aspetto di un mulinello, come afferma Lacan, ognuno dà il suo contributo in maniera orizzontale lasciando sempre un buco in fondo, così tutto viene messo in movimento.
Si comprende che allora il cartello può essere uno strumento vivificante anche per la Scuola, come accade nei mulinelli, forze contrapposte o almeno diverse possono condurre a grande forza, ma si tratta di una forza che si muove attorno a un buco, a un vuoto. Come afferma Lacan((https://cartello.slp-cf.it/uncategorized/decolage/ |