J.-A. Miller – In trans
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L’interesse
Marco Focchi
L’invenzione del cartello da parte di Lacan, come sappiamo, è una macchina da guerra contro le gerarchie cristallizzate delle Istituzioni psicoanalitiche. Il cartello si svolge su un argomento d’interesse comune, e l’interesse è il vettore del lavoro. Questo significa che il lavoro non è trainato da un leader, da un conferenziere, da un insegnante da cui l’insegnamento discende. Il cartello è la struttura fondamentalmente democratica del lavoro nella Scuola.
Cosa mettiamo però sotto la rubrica dell’interesse? L’interesse è qualcosa che va al di là del significante. Se in aula spesso si va per dovere e il rapporto con il sapere passa per la via forzata del programma da svolgere obbligatoriamente, sappiamo che esistono invece insegnanti che sanno destare l’interesse degli allievi. Questo induce immediatamente un effetto destratificante sui presenti: si è coinvolti, si partecipa, si lavora insieme. Il pulviscolo atomizzato di una classe dove ognuno pensa ai fatti propri, fatta di venti o trenta teste che vagano ciascuno per i propri lidi, improvvisamente si coagula, si focalizza, si concentra intorno a un oggetto.
L’interesse è un modo di fare comunità che non passa attraverso l’imposizione superegoica dell’ideale, perché non è inscrivibile se non trasversalmente, a lato di tutto quel che è detto, a margine dei significanti che circolano.
Il cartello, proprio perché implica un lavoro che non passa per canali che sono quelli della trasmissione istituzionale, fa entrare una corrente d’aria fresca nel sapere.
È importante naturalmente la funzione del più uno, è importante la tenuta che gli permetta di non scivolare nella figura del leader, del maestro, o dell’isterico che muove il desiderio di tutti per lasciare tutti insoddisfatti.
Il cartello è quindi una modalità di sapere che inoltre costruisce la comunità, e non a caso Lacan ha voluto metterlo alla base della Scuola.
Il cartello ha una funzione anti-padronale, perché gira intorno a un sapere da costruire, che non è già dato e che non è posseduto in via preliminare.
Il cartello è anti-professorale, perché il sapere che mette in gioco non è distribuito su diversi livelli, non è qualcosa da trasmettere ma è innanzi tutto da trovare, da far scaturire, da far zampillare da un’esperienza comune, e che ciascuno tratterà poi a modo proprio.
Il cartello è anti-isterico, perché non gioca con un desiderio per lasciarlo insoddisfatto, non insegue la metonimia che lascia sempre a mani vuote e morde invece sul concreto.
In una parola possiamo applicare al cartello quel che Lacan diceva citando san Paolo dalla lettera ai Corinzi: la lettera uccide, lo spirito vivifica. Nel cartello, al posto dello spirito possiamo mettere, per l’appunto, l’interesse.
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