Loretta Biondi – Mai nessuno uguale all’altro
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E pluribus non unum
Davide Pegoraro
Ho la fortuna di lavorare con altri, tra cui la responsabile dei cartelli per la SLP, a un cartello con partecipanti provenienti da due Scuole della AMP. Il tema di lavoro scelto riguarda il Parmenide e la lingua in cui è stato scritto e la questione dell’Uno. Ciascuno affronta il tema e approccia la lingua greca – e anche quella latina – con lo stile singolare che ad esse lo lega, nella sua lingua materna, a volte in quella dell’Altro, ossia il francese, in ogni caso comunque sempre e soltanto la sua. Ieri sera un collega porta il suo intervento, nella sua lingua, il francese, con i suoi tratti di voce, stile e suoni. Il discorso è alto, colto, attuale: tocca l’interessante tema dei rapporti tra l’Uno e il molteplice. Lo seguo, non capisco tutto, talvolta sono smarrito, ma in ogni caso colpito da quella singolare enunciazione: qualcosa nonostante tutto non solo mi permette di stare a galla tra quelle acque straniere, ma a un certo momento tra l’italiano, il francese e la mia lingua mi permette pure di articolare ulteriormente la mia questione che verte sul campo dell’Uno, senza l’Altro. Se “e pluribus non unum” per riprendere a modo mio ciò che lui in forma diversa riportava, tuttavia anche se sparsi scompagnati, ciascuno tra gli echi della sua lingua privata, può accadere che la singolare causa dell’altro con le sue vibrazioni faccia riverberare la propria e poi quella singolare di tutti gli altri in una forma comunque di legame possibile, senza cedere all’illusione di dover fare di quella causa il medesimo oggetto per tutti per poter stare nel legame. Si tratta dunque di un’esperienza in cui il tema di lavoro scelto da questione puramente teorica prende il suo posto in atto nel legame, tra le sue risorse e le sue impossibilità. Direi che è un’esperienza sostenibile e lavorabile in questo modo soltanto in un dispositivo come quello del cartello, con le sue coordinate e grazie alla funzione del +1.
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