Angèle Terrier 1
La prossima giornata “Questione di Scuola” s’interroga sull’operazione della parola nella pratica analitica oggi come pure nel cartello, “organo di base […] della Scuola”2. Quale è lo statuto della parola nel cartello, poiché esso partecipa alla formazione dell’analista? Questa è la questione, sollevata dal tema della giornata,3 che ha catturato la mia attenzione.
Leggere in cartello rende la psicoanalisi viva, anzitutto in quanto è “una elaborazione provocata”,4 come l’analisi e la passe, ma tramite il significante di un transfert di lavoro. J.-A. Miller indica che il tratto proprio di ciascuno dei membri del cartello deve essere messo in valore per sfociare nella produzione di un sapere5. Ogni Uno si implica e si arrischia a presentare le sue trovate, i suoi punti di arresto o il filo della propria lettura. É un’esperienza che coinvolge il corpo, ben diversa dalla lettura solitaria che mobilita, invece, un altro godimento. Chi non ha mai fatto l’esperienza, per esempio, della gioia provocata dalla lettura di alcune pagine o passaggi per prepararsi alla seduta di cartello? Questa gioia non è più la stessa nel momento in cui si presentano quelle pagine durante il cartello. Parlare implica una perdita di godimento correlativo alla struttura del desiderio.
Ma di quali letture si tratta nel cartello? L’inconscio è ciò che si legge nella cura, ovvero le formazioni dell’inconscio come pure gli effetti del significante sul corpo. Questa lettura dell’inconscio produce un dire. La lettura in cartello è orientata verso un sapere che è il prodotto dell’incontro tra l’enunciazione del cartellizzante e il testo studiato. Così la lettura in cartello è annodata all’avanzamento del cartellizzante nella propria analisi. Nella “Postfazione” del Seminario XI, scritta da Lacan per questo primo Seminario stabilito da J.-A. Miller, Lacan distingue i suoi Scritti6, destinati alla “spazzaturedizione”7, da questo Seminario, che si leggerà, dice Lacan. Lacan, giocando con l’equivoco postfare/postobliterare8, sottolinea che postfare questo libro significherebbe obliterare qualcosa dal suo Seminario. Uno scritto è “non-da-leggere”, afferma, che sia “p’oubli[é]”9 assicura la sua posterità e, in questo modo, la sua scomparsa.
Leggere, quindi, è tutto il contrario: è interpretare, circoscrivere, rincalzare, cercare di comprendere, stringere un filo arrischiandosi a trasmetterne qualcosa. Leggere in cartello fa consistere il discorso analitico e, per questo, partecipa alla vitalità della psicoanalisi.
Traduzione: Adele Succetti
↲1 | Articolo pubblicato su https://www.hebdo-blog.fr/la-vitalite-du-cartel/ |
---|---|
↲2 | J. Lacan, Le Séminaire, «Dissolution», leçon du 11 mars 1980, Ornicar ?, nn. 20-21, été 1980, p. 15. |
↲3 | L. Dupont, Argomento di «Question d’École 2020: ‘‘Potenza della parola. Clinica della Scuola’’», 1° febbraio 2020, disponibile sul sito dell’ECF: causefreudienne.net |
↲4 | J.-A. Miller, « Cinque variazioni sul tema dell’elaborazione provocata”, pubblicato su https://cartello.slp-cf.it/newsletter/newsletter-1/cinque-variazioni-sul-tema-della-elaborazione-provocata/ |
↲5 | Ibidem. |
↲6 | J. Lacan, Scritti, Einaudi, Torino, 2007. |
↲7 | J. Lacan, “Postfazione”, Il Seminario, libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, Einaudi, Torino, 2003, p. 274. |
↲8 | Ivi, p. 273. |
↲9 | Ivi, p. 274. |